Mediobanca e Unioncamere presentano l'indagine sulle medie imprese industriali italiane

L'Ufficio Studi di Mediobanca in collaborazione con il Centro Studi dell'Unioncamere ha predisposto un rapporto sui bilanci delle medie imprese manifatturiere italiane. Si tratta di un volume dove si riportano gli aggregati economico-finanziari delle imprese di media dimensione ubicate in tutte le regioni italiane. Sono state individuate 3984 società per le quali sono stati elaborati aggregati sia per aree geografiche, sia per settori economici, evidenziando inoltre le società appartenenti a distretti e altri sistemi produttivi locali.

Copertura: l'indagine copre l'universo delle medie imprese manifatturiere italiane definite nella classe 50-499 dipendenti e 13-290 mln€ di fatturato; con l'ultimo censimento, sono state individuate 3984 società che assicurano il 14% della produzione manifatturiera italiana a valore, percentuale che sale al 22% considerando l'indotto; la maggiore concentrazione di imprese è nelle aree del Nord Est Centro e in Lombardia; bassa, ma in espansione, la presenza nel Mezzogiorno.
Tendenze dell'universo: i profitti delle medie imprese, dopo aver toccato il minimo nell'esercizio 2003 (1,1% del fatturato) sono tornati a salire toccando nel 2005 un valore assoluto inferiore solo al massimo storico del 1999; la percentuale sul fatturato è stata dell'1,7%; le stime per il 2006 portano su fatturati in crescita dell'8% e margini lordi incrementati di circa 10 punti. Le vendite all'estero hanno iniziato nel 2005 una nuova fase di forte crescita: 15% in più nel biennio 2005-2006 e un'ulteriore espansione dell'11% su base annua secondo i consuntivi dei primi nove mesi del 2007. La struttura finanziaria resta molto solida con il patrimonio netto che supera di gran lunga gli impieghi in attivi immobilizzati e contribuisce al forte avanzo delle partite correnti. Il 60% delle medie imprese merita un punteggio a livello di investment grade' (la media nazionale per tutte le PMI è del 38,5%), ma il ricorso alla borsa e al private equity resta trascurabile (interessa meno dello 0,5% delle società).
Crescita recente: l'indagine 2008 comprende due censimenti relativi agli anni 2004 e 2005, realizzati con lo scopo di produrre dati più aggiornati. Negli ultimi due anni censiti (2004 e 2005) vi sono state 210 società che sono entrate nella media dimensione, mentre 78 sono uscite dall'universo, essendo cresciute nell'area della grande impresa. Si conferma la tendenza delle medie imprese ad aumentare di numero nelle fasi congiunturali positive. Nel periodo 1996-2005 le medie imprese hanno mantenuto il primato della crescita, con un incremento del valore aggiunto del 42% circa contro l'11% appena delle grandi imprese manifatturiere a controllo italiano e il 13% del totale nazionale. La favorevole dinamica ha portato queste aziende ad aumentare progressivamente il loro peso nella manifattura nazionale: sulla base dei dati Istat più recenti disponibili, esse sono giunte a rappresentare il 16% del totale degli investimenti fissi annui e il 20% delle esportazioni italiane.
Redditività: il rendimento del capitale (roi) investito nelle medie imprese nel 2005 è stato pari al 9,3% contro il 7,4% delle società italiane controllate da grandi società; il vantaggio deriva da più elevati margini industriali (il margine operativo netto è pari al 21,5% del valore aggiunto contro il 15,4% delle grandi imprese); la competitività resta dunque sostenuta dalla capacità di mantenere le posizioni sui mercati; per contro, la tassazione continua ad essere punitiva, con un'aliquota media nel 2005 pari al 47% contro il 33% delle grandi imprese italiane e il 25% delle maggiori multinazionali europee.
Distretti: non si notano differenze determinanti nella performance reddituale delle medie imprese ove le si valuti dal lato della localizzazione in distretti e sistemi produttivi locali. Questi interessano il 40% circa di tutte le medie imprese le quali vi traggono i vantaggi delle radici locali e lo stimolo delle competenze; il principale aspetto discriminante delle medie imprese distrettuali continua ad essere la maggiore propensione all'export: essa è pari al 42,7% del fatturato per l'ubicazione nei distretti veri e propri e al 40% circa nei SPL, contro il 29% delle imprese localizzate in altre aree. Una quota intorno alla metà delle imprese specializzate nei beni per la persona e la casa e nella meccanica leggera sono localizzate in aree di natura distrettuale. E' confermata la maggiore solidità finanziaria: il livello investment grade viene raggiunto dal 62% delle medie imprese con sede nelle province distrettuali contro il 56% di quelle con sede nelle province di grande impresa.
Dinamica congiunturale recente: le prime valutazioni per il 2007 indicano un esercizio molto positivo, sostenuto dal forte sviluppo delle vendite all'estero che privilegiano le aree dell'Unione Europea, la Russia e gli altri Paesi dell'est, nonché i produttori di petrolio.